Il carcere in “3 minuti e mezzo”
Bastano tre minuti e mezzo per varcare la soglia di una vita e dirottarla in un luogo di spaesamento come il carcere. Da lì sei un
detenuto, una matricola, punto. Luca Curto ne ha girato uno short film che rimanda con poche parole e altrettanti gesti le emozioni
che un “novizio” – un intenso Neri Marcorè e uno strafottente Valerio Mastrandrea – prova dal momento della schedatura alla
solitudine in cella.
Con l’avvertenza che quello che li aspetta è un luogo “altro”, dove a parte le guardie che li accompagnano in questa loro
iniziazione – tra queste c’è anche Cinzia Mascoli, sorpresa a indagare con curiosità il nuovo arrivato – saranno pochi quelli che
non provengono da paesi stranieri.
Saranno loro, forse non a caso, a sgranare il rosario dei 10 comandamenti nei 12 minuti del film. Come non è un caso che Luca
Curto abbia dedicato l’incipit del suo film breve all’articolo 27 della nostra Costituzione, principio troppo spesso tradito nelle nostre
carceri, facendo declamare alle voci fuori campo di Cinzia Mascoli e Valerio Mastrandrea che «le pene non possono consistere in
trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte».
Girato nel carcere di Potenza, e presentato nella sezione “Metexis - Corti per il carcere” del MedFilmFestival di Roma
(appuntamento domani alle 11 al Palazzo delle Esposizioni), 3 minuti e mezzo è parte integrante di un progetto d’avanguardia
denominato “Aria3”, che ha l’ambizione, molto concreta, di creare un ponte tra il dentro e il fuori degli istituti di pena. Prevede
infatti la realizzazione di una Scuola specialistica per tecnici dell’industria cinematografica e televisiva all’interno della stessa casa
circondariale di Potenza che durerà due anni durante i quali verranno formate 25 persone tra detenuti e loro figli. Proprio
quest’ultimo è uno dei suoi aspetti più interessanti perché nell’offrire potenziali opportunità di lavoro mette in relazione figli e padri
reclusi. Il secondo anno di corso, infatti, sarà dedicato alla produzione di un film: i figli, dietro la telecamera, narreranno le storie
dei genitori detenuti.
Considerato che in tre anni le risorse economiche destinate ai detenuti si sono ridotte del 50 per cento e che il decreto
“milleproroghe” ha stravolto per buona parte le finalità della Cassa delle ammende, il fatto che questo progetto verrà finanziato
proprio dalla Cassa delle ammende del Dap è una lodevole eccezione.
Gabriella Monteleone